Esperanto

Esperanto
L'esperanto è una lingua artificiale, sviluppata tra il 1872 e il 1887 dall'oculista polacco di origini ebraiche Ludwik Lejzer Zamenhof. È la più conosciuta e utilizzata tra le lingue ausiliarie internazionali (LAI). Presentata nel Primo Libro (Unua libro - Varsavia, 1887) come Lingvo Internacia ("lingua internazionale"), prese in seguito il nome esperanto ("colui che spera", "sperante") dallo pseudonimo di "Doktoro Esperanto", utilizzato dal suo inventore.

Scopo della lingua è di far dialogare i diversi popoli cercando di creare tra di essi comprensione e pace con una seconda lingua semplice, ma espressiva, appartenente all'umanità e non a un popolo. Un effetto di ciò sarebbe quello di proteggere gli idiomi "minori", altrimenti condannati all'estinzione dalla forza delle lingue delle nazioni più forti. Per questo motivo l'esperanto è stato ed è spesso protagonista di dibattiti riguardanti la cosiddetta democrazia linguistica.

Le regole della grammatica dell'esperanto sono state scelte da quelle di varie lingue studiate da Zamenhof, affinché fossero semplici da imparare e nel contempo potessero dare a questa lingua la stessa espressività di una lingua etnica; esse non prevedono eccezioni. Anche i vocaboli derivano da idiomi preesistenti, alcuni (specie quelli introdotti di recente) da lingue non indoeuropee come il giapponese, ma in gran parte da latino, lingue romanze (in particolare italiano e francese), lingue germaniche (tedesco e inglese) e lingue slave (russo e polacco).

Vari studi hanno dimostrato che si tratta di una lingua semplice da imparare anche da autodidatti e in età adulta, per via delle forme regolari, mentre altri dimostrano come dei ragazzi che hanno studiato l'esperanto apprendano più facilmente un'altra lingua straniera. Lo studio di due anni di esperanto nelle scuole come propedeutico a una lingua straniera viene detto "metodo Paderborn" perché la sua efficacia è stata dimostrata nell'università tedesca di Paderborn.

L'espressività dell'esperanto, simile a quella delle lingue naturali, è dimostrata dalla traduzione di opere di notevole spessore letterario. La cultura originale esperantista ha prodotto e produce in tutte le arti: dalla poesia alla prosa fino al teatro e alla musica. La logica con cui è stata creata minimizza l'ambiguità, per cui si presta a essere usata in informatica, nel ramo della linguistica computazionale, per il riconoscimento automatico del linguaggio.

La tradizione dell'esperanto in Polonia e in Croazia è stata dichiarata patrimonio culturale immateriale.

Ci sono proposte per usare l'esperanto come lingua franca per i lavori nel Parlamento europeo, principalmente per motivi economici o per evitare che si vada verso una o più lingue nazionali. Tuttavia finora l'Unione europea giustifica l'attuale politica multilinguista che prevede l'uso di 24 lingue ufficiali, per motivi di trasparenza, non senza critiche da parte di chi sospetta che tale politica stia in realtà portando verso il solo inglese o, al più, al trilinguismo.

L'assunto di Zamenhof è che l'assenza o difficoltà di dialogo dovuta alle differenze linguistiche crea incomprensioni, ed è stata causa di violenza più volte nel corso della storia. Egli chiamò l'esperanto dapprima Lingvo Internacia (pronunciata ), poiché aveva come scopo quello di essere usata come lingua tra le diverse nazioni che così avrebbero potuto dialogare e comprendersi a vicenda, proteggendo le lingue minori e quindi la differenza linguistica. Rispetto alla nazione che "presta" o impone la propria lingua per le comunicazioni internazionali si ha in genere sudditanza culturale e differenze di capacità espressiva tra i nativi di tale lingua e tutti gli altri. Il livello dei non nativi varia in base soprattutto allo sforzo economico e alla quantità di tempo effettuato per l'apprendimento che solo pochi possono permettersi (ad esempio corsi o viaggi all'estero per perfezionare le lingue apprese) causando maggiori disagi alle parti più povere della popolazione. È per questo che la sua principale caratteristica dal punto di vista ideologico è la neutralità, in quanto dovrebbe essere imparata come seconda lingua (e non in sostituzione alla propria) per il contatto e la comprensione reciproca solo tra genti di lingue diverse e, contrariamente a quanto ancora oggi alcuni pensano, non ha mai voluto imporsi come lingua unica mondiale sopprimendo le altre. Inoltre, il suo uso esclusivamente come seconda lingua è necessario, perché un uso come prima lingua in diverse regioni geografiche porterebbe a diverse varianti (dovute alla naturale evoluzione del parlato ) compromettendo a lungo andare la comprensione reciproca internazionale, fine primo dell'esperanto.

Gli ideali del movimento sono riassunti nella Dichiarazione di Boulogne e il Manifesto di Praga, nei quali viene posto l'accento sulla neutralità del movimento rispetto a ogni tipo di organizzazione o corrente (politica, religiosa o di altro tipo) e ribadita l'indipendenza di ogni esperantista dal movimento. Infatti è definito esperantista semplicemente chi impara la lingua, a prescindere dagli usi fatti, dalla condivisione degli ideali o dall'aderenza al movimento.